giovedì 13 ottobre 2011

Racconto disordinato di una Nuova Speranza (di Massimo Giei)




Mi piacciono i colori. E il vento. Il vento che ti raggiunge dappertutto e poi, poi. Le coste violente dell’oceano, spiagge incerte, che se ne vanno con la marea, potentissima. E la marea che porta e che prende e il mare che urla, terribile e misterioso, potente di onde che ti potrebbero portare via, per sempre.

Puoi correre sulla spiaggia, così, a piedi nudi, soffrendo per i detriti e le sabbie morbide, con i piedi che affondano e sentirti bene, lontanissimo dalla civiltà e improvvisamente felice, essere di senso compiuto e inserito in un bel mondo, infinito e selvaggio, infinito e accogliente.

Il fresco della mattina e io lì, a testa in giù a bere un caffè caldo di fronte al mare. Tutto sembra perfetto. C’è un camino nel pub e spero che il sole esca dalla montagna per riscaldarmi un po’ e riuscire sulla spiaggia.

Voglio correre di nuovo e tornare a delirare il Pacifico. Sono parte della Lunga nuvola, oggi. Sono parte del mondo a testa in giù, eppure non cado.

Resto ancorato a questa terra remota. Insieme alle pecore. Ce ne sono dappertutto di pecore. Pecore che brucano, tranquille nei loro prati smeraldo senza limiti di spazio. E non puoi, non puoi proprio esimerti dal suonare il clacson, d’improvviso. E loro corrono. Prese dallo spavento volano via, veloci e terrorizzate.

Puoi guidare per ore e ore, perderti negli scenari meravigliosi, paesaggi incantati da favola che la Lunga Nuvola ti offre e non incontrare nessuno, tranne che pecore e mucche, mucche e pecore.

Di tanto in tanto un villaggio dimenticato. Un tempo qui c’erano i cercatori d’oro. Te ne accorgi nel pub, che sembra proprio il Saloon dei film western, ‘Qui è stata trovata la più grande pepita di tutta la Nuova Zelanda’. E lo splendore che forse c’era allora, non è neanche un ricordo oggi.

C’è una scuola e una maestra curiosa. Qui gli stranieri sono una rarità. Passano con le macchine, seppure. Qualcuno si ferma per un caffè e poi riparte, come noi, del resto. Ma la maestra vuole rendere duraturo negli anni il nostro passaggio. E ci ritroviamo dentro una scuola a parlare di Italia e Luca che coinvolge e intrattiene i bambini che ci regalano a loro volta la loro meraviglia.

Dall’altra parte del mondo. A testa in giù. E Pascal non se ne capacita e la cosa lo elettrizza. E la notte ci riunisce, tra pub e cazzate. Siamo di tutto il mondo. Drogati di rugby. Una passione per il gioco, una passione che ci unisce, al di là delle nostre diverse provenienze. E la birra pure, ci unisce e ci diverte.

Viaggiando viaggiando si ha tempo per se stessi. Un estasi contemplativo e la natura che tutt’attorno ispira. Viaggiando viaggiando tutto scorre. Facce, pensieri, immagini, spiagge, montagne, alberi, animali.
Viaggiando viaggiando il pensiero si nutre, tutto appare meraviglioso e si ha voglia di tornare a una vita più facile e briosa, una vita nella quale ci sia il tempo per fermarsi ad apprezzare le cose belle.

Tutto torna alla vista, quando ci si stende su un letto di un ostello e si chiudono gli occhi. L’immaginario è pieno di Nuova Zelanda, di posti che chissà se rivedremo, di posti affascinanti e imprevedibili, un ghiacciaio a poca distanza dal mare e una valle che porta alla fine del mondo. Luca lo capisce, siamo proprio vicini alla fine del mondo.

E un lago una montagna e una cittadina. E giù via, tuffarsi nel nulla con una corda appesa a un ponte e il fiume che sta lì, sotto, che sembra aspettare che ci arrivi dentro, tutto sottosopra, fai fatica a ricomporre gli elementi a capire e ridi e ridi che l’emozione è forte. E la paura sconfitta è stata tanta.

E il rugby è dappertutto. ‘Siete qui per la Coppa del Mondo?’ ci chiedono tutti. Siamo una rarità, italiani e appassionati di rugby. Per le strade sopra e sotto, si vedono solo camper irlandesi, mentre tutti andiamo a Dunedin, che ci ospiterà per due notti. Giriamo e rigiriamo e sorpassiamo e tiriamo fuori la bandiera e intanto cantiamo. ‘Di iris, di oirisc’. Gli irlandesi sono dappertutto, con i loro camper verdi e le bandiere che sembrano le nostre. E il loro rumore, il casino, la voglia di bere e di vivere, le risate sguaiate. Ci sentiamo circondati. Siamo circondati, ma è tutta una festa.

E i nostri sogni di gloria, la voglia di entrare nella storia, di superare il girone si scontra contro il sorriso beffardo di O’Driscoll.

Ma c’è una notte davanti a noi che passeremo a far festa e cantare, così, cori senza senso, noi pochi italiani assediati in una festa tutta verde che purtroppo non durerà molto.

Si riparte poi dalla Nuova Zelanda. Speranzosi che sì, un giorno si tornerà. Si parte come sempre titubanti, desiderosi di restare. Il viaggio prenderà di nuovo il sopravvento. Via per cieli sconosciuti su aerei immensi, grandi come palazzi. Ci si lascerà alle spalle un’avventura, una storia di chilometri e pensieri, dello sguardo che volge all’infinito tra la natura che trionfa e il cielo che la scruta ammirato.

E’ un posto dell’anima la Nuova Zelanda e la portiamo con noi, per sempre.

2 commenti:

GINell'OCCHIOSINISTRO ha detto...

Foto al link https://picasaweb.google.com/110932947946192373928/NuovaSperanza?authkey=Gv1sRgCNPd5sfF7qL_Hw

Vendotto ha detto...

Massone!